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PRIMO RAPPORTO PMI CENTRO NORD 2016

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PRIMO RAPPORTO PMI CENTRO NORD 2016

CONFINDUSTRIA-CERVED: PRIMO RAPPORTO PMI CENTRO-NORD
OLTRE LA CRISI: L’INDUSTRIA GUIDA LA RIPRESA

Meno imprese, ma più solide, affiancate da una nuova leva di PMI innovative. La ripresa c’è: per recuperare il terreno perduto con la crisi, servono più imprese “eccellenti”, ovvero a forte crescita e a basso rischio, e più innovazione.

10 maggio 2016. Le società di capitali delle regioni del Centro-Nord costituiscono la spina dorsale dell’apparato produttivo italiano: quelle che soddisfano i requisiti europei di PMI (da 10 a 250 addetti, e fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro) sono 112 mila, che producono oltre 160 miliardi di valore aggiunto e più del 10% del prodotto interno lordo nazionale. A questo aggregato, di dimensioni molto rilevanti e con significative differenze territoriali, in cui l’industria gioca un ruolo decisivo, è dedicato il primo Rapporto PMI Centro-Nord curato da Confindustria e Cerved.

La crisi ha prodotto conseguenze senza precedenti su tale sistema di PMI: tra il 2007 e il 2013, il loro numero si è ridotto nel Centro-Nord di quasi 8 mila unità, sia per il saldo negativo tra entrate e uscite, sia per la trasformazione di molte di esse in microimprese.

L’emorragia si è arrestata nel 2014, con una inversione di tendenza visibile soprattutto nel Nord-Ovest, dove il numero di imprese torna a crescere del 3,1%, e nel Nord-Est (+1,4%). I numeri pre-crisi restano, tuttavia, lontani in tutte le regioni, e soprattutto al Centro, dove il la riduzione del numero delle imprese è stata pari al 12,1%.

La crisi ha avuto impatti pesanti anche sui conti economici delle PMI sopravvissute. Il fatturato delle PMI italiane fa registrare, infatti, tra il 2007 e il 2014, cali del -4,2% su base nazionale, con una contrazione più marcata nel Nord-Ovest (-7,0%) e al Centro (-5,1%), e più contenuta nel Nord-Est (-2,6%). Nonostante la crisi, i costi del lavoro per addetto sono cresciuti con incrementi medi tra il 13 e il 16% tra 2007 e 2014, evidenziando una dinamica del tutto scollegata a quella della produttività, che è invece rimasta ferma ai livelli pre-crisi. Ne sono derivate conseguenze molto pesanti sulla redditività lorda delle PMI: rispetto al 2007, il Mol è calato di1/4 nel Nord-Est, del 31% nel Nord Ovest e di oltre il 40% al Centro.

Gli anni più recenti, tuttavia, fanno registrare significative inversioni di tendenza. Nel 2014 si consolida la crescita del fatturato, più elevata nel Nord-Est (+2,2%), più contenuta nel Nord-Ovest (+1,2%) e al Centro (+1%). Crescono anche valore aggiunto e margini, proseguendo la tendenza positiva registrata l’anno precedente: in entrambi i casi, l’incremento è più marcato nel Nord-Est, con il Mol che aumenta del +5,9% (+3,5% nel Nord-Ovest, +3,6% nel Centro). Grazie a margini di nuovo in crescita, tornano a crescere gli utili, anche perché si mantiene stabile e su livelli più bassi di quelli pre-crisi il costo medio del debito.

Con il miglioramento delle prospettive economiche, tornano a crescere gli investimenti, con un rapporto tra investimenti e immobilizzazioni materiali più elevato nel Nord-Est (6,9%), rispetto a Centro (6,4%) e Nord-Ovest (6.3%).

Il clima economico più positivo ha anche spinto la nascita di nuove imprese. Sono ben 57 mila, infatti, le nuove società di capitali nate nel 2015 nel Centro-Nord, raggiungendo un nuovo massimo storico (+9,4% sul 2014). In gran parte si tratta però di società di piccolissime dimensioni, cioè con meno di 5 mila euro di capitale versato (il 72% nel Centro): solo le più dinamiche riusciranno a passare in breve tempo dalla dimensione di microimpresa e quella di PMI.

Cresce la propensione all’innovazione: le startup innovative del Centro-Nord ufficialmente iscritte nello speciale registro sono oltre 4.000, ma altrettante, pur non essendo iscritte, hanno caratteristiche simili. Il Nord-Est è l’area dove il fenomeno è più marcato, con il 2,6% delle newco che realizzano attività innovative (il 3,7% in Trentino).

Le prospettive migliori si riflettono anche nella sensibile riduzione delle chiusure e, in particolare, dei fallimenti, che tra 2015 e 2014 diminuiscono di circa il 30%. Il bilancio di 7 anni di crisi resta comunque pesantissimo: tra 2008 e 2015 hanno avviato procedure di chiusura volontaria o per default 43 mila PMI con sede nel Centro-Nord, con percentuali pari al 43% di quelle attive nel 2007 nel Centro, al 35% nel Nord-Ovest, al 30% nel Nord-Est.

Abitudini di pagamento tornate alla normalità confermano il rasserenarsi del clima economico, sebbene permangano significative differenze regionali: le PMI trentine, le più rapide a liquidare i fornitori (60 giorni in media), impiegano 24 giorni in meno di quelle umbre (85 giorni), le più lente.

La crisi ha svolto una forte opera di selezione, estromettendo dal mercato le imprese con un grado di rischio economico-finanziario elevato già nel 2007. Le imprese sopravvissute presentano ora bilanci più solidi: anche grazie ad una sostanziosa patrimonializzazione, necessaria per ovviare agli effetti del credit crunch, si è fortemente ridotto il peso dei debiti finanziari rispetto al patrimonio netto. Il risultato è un sistema di PMI meno numeroso, ma più robusto, con differenze territoriali ancora marcate: resta comparativamente meno positivo lo score delle imprese del Centro, soprattutto del Lazio.

Osservando insieme risultati e sostenibilità finanziaria, cresce la “polarizzazione” delle imprese. Oltre metà di esse vede, infatti, crescere il proprio fatturato nel 2014, spesso a tassi superiori al 5%, ma solo una parte presenta anche un basso grado di rischio, e si può cioè definire come “eccellente”. Non mancano le “gazzelle”, ovvero le imprese che tra 2007 e 2014 hanno raddoppiato il proprio fatturato: ce ne sono 1.380 al Nord-Ovest, 1.100 al Nord-Est e 792 al Centro. Quasi un quarto del totale ha sede in Lombardia. Restano numerose, però, anche le imprese “a metà del guado”.

A tale ampia polarizzazione contribuisce la significativa varianza di risultato tra le macro aree: Nord-Est e Nord-Ovest si confermano, infatti, non solo come le aree più dinamiche, ma anche quelle dove le PMI presentano la minore vulnerabilità finanziaria, il Centro quella con le imprese a crescita più contenuta e grado di rischio maggiore.

Non è estranea alla polarizzazione dei risultati anche la specializzazione settoriale: le imprese “eccellenti”, infatti, sono prima di tutto imprese industriali, soprattutto nel Nord-Est (28,9%), nel Nord-Ovest (26,7%) e, sia pure in quota minore, al Centro (20,7%). Sembrerebbe, insomma, che più sono forti le imprese industriali, più forte è la ripresa: non a caso il Nord-Est, dove è più forte l’industria, ha sofferto meno la crisi ed è ripartito prima.

Le previsioni di Confindustria e Cerved confermano uno scenario positivo nel medio periodo: le PMI del Centro-Nord dovrebbero, nel loro complesso, registrare una crescita sia del proprio fatturato (specie le PMI del Nord-Est, in crescita dal 2016 a tassi superiori al 4% annuo), sia del valore aggiunto (di oltre il 4% a partire dal 2016 in tutte le macro-aree) proseguendo la graduale ripresa registratasi nei due anni precedenti.

Un miglioramento del tutto analogo dovrebbero far registrare i margini e la redditività del capitale investito, mentre l’indebitamento rispetto al capitale netto si è sostanzialmente stabilizzato su valori di poco superiori all’80% al Nord e superiori al 100% al Centro.

In sintesi, il tessuto imprenditoriale del Centro-Nord uscito dalla crisi si presenta ridotto nei numeri ma più solido, ancora al di sotto, complessivamente, dei livelli pre-crisi ma caratterizzato da una ripresa ormai consolidata, più robusta nel Nord-Est, ad alto valore aggiunto e che inizia a remunerare il capitale investito. Un tessuto con un cuore industriale, che si alimenta di una forte voglia di fare impresa e di innovazione ed in cui sono numerose le imprese “eccellenti”, ovvero a forte crescita e a basso rischio, le cui prospettive si confermano positive, sebbene con profonde differenze regionali.

E’ necessaria una strategia capace di ampliarne il numero e di rafforzarne la propensione all’innovazione, sfruttando la solidità patrimoniale, la rinnovata imprenditorialità, e le condizioni favorevoli del credito, da rendere disponibili per un numero più ampio di imprese. Il miglioramento del profilo di rischio delle imprese più vulnerabili, la riduzione della dipendenza dal credito bancario, il sostegno alle PMI innovative, la riduzione degli oneri burocratici sono i punti decisivi di tale strategia, che potrà trovare nei fondi strutturali 2014-20 una parte del carburante necessario, a patto di usarlo presto e bene.

 

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