Twitter icon
LinkedIn icon
YouTube icon
RSS icon

CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA - Il quadro e le previsioni secondo Confindustria ER, Unioncamere ER e Intesa Sanpaolo

News

Twitter Linkedin Condividi

CONGIUNTURA EMILIA-ROMAGNA - Il quadro e le previsioni secondo Confindustria ER, Unioncamere ER e Intesa Sanpaolo

 

Unioncamere Emilia-Romagna:  Gli effetti della guerra stanno avvicinando la nostra economia alla crescita zero. Siamo chiamati a gestire l’emergenza con azioni di carattere straordinario di contrasto all’aumento dei prezzi e, allo stesso tempo, dobbiamo continuare a investire per cogliere le opportunità offerte da uno scenario in perenne riconfigurazione.

Intesa Sanpaolo: In atto una rapida ripresa dei prestiti bancari alle imprese, trainata dai finanziamenti all’industria e legata soprattutto ai fabbisogni di capitale circolante a fronte dell’aumento dei costi di energia e materie prime. Rallenta la crescita dei depositi delle aziende.

Confindustria Emilia-Romagna: Confermati i segnali di rallentamento, il clima di fiducia delle imprese è peggiorato. L’energia è la priorità delle priorità. Accelerare a livello regionale la normativa sulle fonti rinnovabili e gli strumenti per gli investimenti nell’efficienza energetica. Dal Governo ci attendiamo un’azione determinata che garantisca stabilità al Paese

 

Bologna, 13 ottobre 2022 -  Crisi energetica, effetti della guerra portata dalla Russia in Ucraina, inflazione: sono tanti e diversi gli attuali fattori di rischio per l’economia regionale.

Numerosi ostacoli si moltiplicano così sulla via della ripresa che si era avviata all’uscita dalla pandemia, come confermano i dati dell’indagine congiunturale relativa al secondo trimestre 2022 sull’industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.

Il volume della produzione delle piccole e medie imprese dell’industria in senso stretto dell’Emilia-Romagna nel periodo considerato ha messo a segno un ulteriore recupero (+8,2 per cento), rispetto allo stesso periodo del 2021. La produzione ha superato (+3,8 per cento) il livello dello stesso trimestre del 2018, l’ultimo anno di crescita dell’attività prima della recessione nel 2019 e della pandemia.

La pressione all’aumento dei prezzi industriali derivante dall’incremento delle quotazioni delle materie prime dell’energia e di semilavorati e componenti ha sostenuto la crescita del fatturato (+10,6 per cento) e ha superato quello dello stesso trimestre del 2018 dell’8,6 per cento. Il fatturato estero ha avuto un andamento analogo (+10,4 per cento). Il processo di acquisizione degli ordini ha frenato, ma ha mantenuto una solida tendenza positiva (+7,6 per cento), con dinamica leggermente inferiore sui mercati esteri (+7,2 per cento).

Il grado di utilizzo degli impianti è salito lievemente, fino al 79,9 per cento (ben superiore al 62,5 per cento dello stesso trimestre 2021), il valore più elevato dalla fine del 2014. Il periodo di produzione assicurato dal portafoglio ordini si è ridotto pur restando oltre le 13 settimane, un valore mai più registrato dalla fine del 2008.

Il recupero dell’attività produttiva è stato comune a tutti i settori industriali, ma varia sensibilmente in intensità. In particolare, il rimbalzo è più contenuto per l’industria alimentare riguardo a fatturato (+5,9 per cento), produzione (+3,9 per cento), ma ha permesso di superare (+7,0 per cento) il livello dello stesso trimestre del 2018.

La ripresa congiunturale dell’attività delle industrie del sistema moda è proseguita con un ritmo notevole: la crescita del fatturato complessivo si è mantenuta elevata (+13,4 per cento), sostenuta dal mercato interno più che dagli ordini esteri (+7,7 per cento). La produzione è salita (+11,1 per cento), come gli ordini complessivi (+8,3 per cento).

L’aggregato industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, vive un momento favorevole per fatturato (+ 12,0 per cento), produzione (+10,1 per cento), ordini (+8,9 per cento). La piccola industria del legno e del mobile ha messo a segno un consistente recupero: fatturato (+14,3 per cento), produzione (+8,6,4 per cento), ordini (+8,2 per cento). Per l’industria metallurgica e delle lavorazioni metalliche, un buon incremento di fatturato (+10,1 per cento) e produzione (+8,0 per cento), in lieve rallentamento gli ordini (+7,3 per cento).  Il gruppo eterogeneo delle “altre industrie” (chimica, farmaceutica, plastica e gomma e trasformazione dei minerali non metalliferi, ovvero ceramica e vetro) porta un segno più per fatturato (+9,7 per cento), produzione (+6,4 per cento) e ordini (+7,6 per cento).

Nel secondo trimestre 2022 si è decisamente rafforzata la tendenza positiva per tutte le classi dimensionali delle imprese, ma l’intensità non è stata omogenea.

In particolare, per le imprese minori, la produzione ha accelerato (+6,3 per cento), come il fatturato (+6,6 per cento) e ordini (+6,4 per cento). Stesso ritmo per le piccole imprese: produzione (+6,5 per cento), fatturato (+9,4 per cento), e ordini (+5,4 per cento). Per le medio-grandi meglio il fatturato (+12,8 per cento) e l’attività produttiva (+10,1 per cento) degli ordini (+9,5 per cento).

Sulla base dei dati del Registro delle imprese, quelle attive dell’industria in senso stretto a fine giugno risultavano 43.332 (pari al 10,8 per cento del totale), con una diminuzione di 357 imprese (-0,8 per cento) rispetto all’anno precedente.

Riguardo alla forma giuridica, sono aumentate le società di capitale (+1,9 per cento, +336 unità). In calo le società di persone (-397 unità, -4,8 per cento) e le ditte individuali (-296 unità, -1,7 per cento).

Negli ultimi 20 anni le esportazioni dell’Emilia-Romagna sono aumentate dell’84 per cento, prima regione nel Paese. L’incidenza dell’export sul PIL regionale sfiora il 44 per cento contro il 28 per cento dell’Italia.

In base ai dati Istat relativi al commercio estero regionale, nel primo semestre 2022 le esportazioni di prodotti dell’industria manifatturiera sono risultate pari a quasi 41.293 milioni di euro e hanno fatto segnare una crescita del 19,9 per cento.

L’Europa è il mercato fondamentale per l’export regionale (64,9 per cento) e ne detta la tendenza. Nel semestre le vendite sui mercati europei hanno avuto un notevole incremento (+19,5 per cento). Il risultato è stato determinato, in particolare, dall’andamento delle esportazioni verso la sola Unione europea a 27 che hanno avuto una ripresa più sostenuta (+21,8 per cento). I soli mercati dell’area dell’euro hanno assorbito il 41,6 per cento dell’export, con una tendenza positiva lievemente più contenuta (+18,9 per cento). Nei due mercati più importanti di quest’area l’andamento positivo è risultato di nuovo più contenuto sia in Germania (+12,5 per cento), sia in Francia (+16,3 per cento), mentre è decisamente brillante l’andamento in Spagna (+29,3 per cento). Al di fuori dell’area dell’euro, è risultata particolarmente rapida la crescita delle vendite sul mercato polacco (+31,0 per cento).
Uscendo dall’Ue, contenuta la ripresa dell’export verso il Regno Unito (+16,9 per cento) e allineata con la media sui mercati turco (+18,4 per cento) e svizzero (+19,0 per cento), la crescita di quest’ultimo da sola ha compensato pienamente la caduta delle vendite destinate alla Russia (-18,2 per cento), a seguito delle sanzioni.              
Fortissima la crescita delle vendite sui mercati americani (+39,8 per cento), trascinata da quello statunitense (+47,4 per cento), sostenuto da risultati settoriali (farmaceutico) e dalle quotazioni del dollaro. Al contrario, sul complesso dei mercati asiatici si è registrata una crescita contenuta (+6,0 per cento): da un lato, bene le vendite in Medio Oriente (+22,6 per cento) e Asia centrale (+29,7 per cento), dall’altro, l’Asia orientale ha invertito la tendenza (-1,2 per cento), risentendo dei blocchi dell’attività in Cina a causa delle politiche zero Covid (-1,4 per cento) e della flessione verso il Giappone (-22,6 per cento), per la perdita di valore dello yen. Modesta la crescita nei mercati dell’Africa (+6,2 per cento), mentre buono è stato il risultato verso l’Oceania (+19,1 per cento).

«Stiamo attraversando una fase che vede contrapporsi due dinamiche – afferma il Presidente di Unioncamere Emilia-Romagna Alberto Zambianchi –. Da un lato, l’economia reale prosegue la sua crescita grazie all’andamento positivo del commercio con l’estero e degli investimenti. Dall’altro, la guerra in Ucraina con il suo carico di criticità, dalla scarsa disponibilità dell'energia all'aumento fuori controllo dei prezzi. L'effetto congiunto delle due dinamiche preannuncia un'economia prossima all'arresto. Siamo quindi chiamati – sostiene Zambianchi – a gestire l’emergenza con azioni di carattere straordinario di contrasto all’aumento dei prezzi. Tuttavia, provando a guardare oltre, a opportunità future, credo che il commercio con l’estero sarà ancora una volta il fattore più importante nel determinare la competitività di territori e settori in un contesto che si sta rapidamente trasformando. Le imprese vanno supportate nell’orientarsi in questo scenario di profonda riconfigurazione, pianificando le strategie per consolidare la presenza sui mercati internazionali. Competenze, innovazione, reti, formazione, welfare, sono gli asset sui quali dobbiamo continuare a investire per assicurare un ecosistema favorevole alle imprese».

 

In Emilia-Romagna, secondo l’analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, nei mesi estivi si è registrata una rapida ripresa dei prestiti bancari alle imprese, che a luglio hanno segnato un tasso di crescita del 3% a/a, dal -0,8% del primo quadrimestre 2022. L’andamento è in linea con quello osservato a livello nazionale (+3,2%).

La svolta è determinata dal maggiore fabbisogno di capitale circolante da parte delle imprese in relazione alla crisi energetica e al forte aumento dei costi operativi. L’accelerazione in atto è trainata dai prestiti all’industria, il cui tasso di variazione è salito lungo tutta la prima metà del 2022 passando dal +0,5% di fine 2021 al +7,3% di luglio, una dinamica superiore al 5% osservato a livello nazionale. A luglio anche i prestiti ai servizi sono tornati in crescita, dell’1,1% rispetto a dodici mesi prima, invertendo una fase di calo durata 10 mesi. In regione i prestiti ai servizi confermano quindi un ciclo in ritardo di qualche mese rispetto ai finanziamenti all’industria e una dinamica più debole della media nazionale (+2,8% a/a a luglio). All’opposto, i prestiti alle costruzioni sono rimasti in calo, pur mostrando una risalita del tasso di variazione al -2,5% di luglio da un minimo di -8,6% registrato a ottobre 2021, ma confermando una maggiore debolezza rispetto al -0,6% osservato a livello Italia.

I dati dei prestiti per dimensione d’impresa indicano che la svolta registrata nei mesi centrali del 2022 è concentrata nei finanziamenti alle aziende più grandi. Infatti, le imprese con almeno 20 addetti a luglio hanno registrato un aumento dei prestiti del 4,1%, in linea col dato nazionale del 4,2%. Diversamente, i prestiti alle piccole imprese hanno confermato un trend in calo (-2,5% in Emilia-Romagna, una variazione prossima al -1,8% della media nazionale).

La ripresa dei prestiti, come già accennato, è principalmente legata a fabbisogni finanziari eccezionali per far pronte all’approvvigionamento dell’energia e all’aumento del suo costo e si verifica in presenza di condizioni di liquidità delle imprese ancora complessivamente buone. In questo contesto, nell’anno in corso si sta assistendo a un rallentamento della dinamica dei depositi delle imprese, dopo i tassi di crescita a due cifre registrati nel 2020-21. In Emilia-Romagna la decelerazione appare particolarmente accentuata, sebbene ancora su tassi di variazione positivi, del 2,1% a luglio rispetto a dodici mesi prima, ma inferiori a quelli riscontrati a livello di sistema nazionale (+6,1% a luglio). In termini di flussi, dopo il notevole accumulo di liquidità nel 2020-21, per complessivi 16,7 miliardi, in Emilia-Romagna tra fine 2021 e luglio 2022 si è assistito a un deflusso dai depositi delle imprese. Sebbene di importo contenuto a -250 milioni, il saldo netto negativo è indicativo di un utilizzo di risorse depositate sui conti bancari. Simile evoluzione si è osservata a livello Italia, dove però tra fine 2021 e luglio 2022 si è registrato ancora un afflusso netto sui depositi bancari delle imprese, ancorché ridimensionato rispetto allo stesso periodo del 2021.

«L’Emilia-Romagna è una regione estremamente dinamica che sa reagire ai contesti di difficoltà, ma in questo momento le imprese si trovano a dover fronteggiare costi e incertezze inattese, che in taluni casi ne mettono a rischio la produzione, innescate dai rincari energetici. Come prima banca italiana riteniamo doveroso sostenere con misure anche straordinarie le esigenze di liquidità delle nostre aziende per fronteggiare l’improvvisa compressione dei margini operativi e, al contempo, continuare a stimolare nuovi investimenti. Investimenti strategici, verso cui le imprese dell’Emilia-Romagna hanno dimostrato grande attenzione, che vanno in particolare verso l’innovazione, la digitalizzazione, lo sviluppo sostenibile – spiega Alessandra Florio, Direttrice Regionale Emilia-Romagna e Marche di Intesa Sanpaolo –. Il Gruppo ha messo in campo 12 miliardi di euro per permettere alle aziende italiane di affrontare i maggiori costi dell’energia e favorire investimenti in energie rinnovabili per accelerare l’ormai indispensabile indipendenza energetica e diversificazione delle fonti, anche grazie all’intervento di Sace. Quest’anno  – rimarca la Florio – per sostenere le imprese italiane ad affrontare la crisi energetica e il contesto determinato dalla guerra all’Ucraina, Intesa Sanpaolo ha già stanziato oltre 20 miliardi di plafond a favore delle imprese, più altri 8 miliardi per le famiglie. Il che porta a 30 miliardi complessivi il pacchetto di aiuti per l’economia reale stanziato dal Gruppo».

«I segnali di rallentamento dell’economia regionale – dichiara la Presidente di Confindustria Emilia-Romagna Annalisa Sassi  – sono confermati dalle previsioni delle imprese da qui a fine anno. L’industria dell’Emilia-Romagna ha sempre dimostrato grande capacità di tenuta, ma ora il clima di fiducia è molto peggiorato a causa di variabili che hanno un effetto depressivo sulla crescita: dai costi impazziti dell’energia al rialzo generale dei prezzi a livello mondiale, dalle tensioni internazionali dovute alla guerra all’aumento dei tassi di interesse. Il quadro economico è così difficile che il Centro Studi Confindustria ha previsto per il 2023 una crescita zero del PIL. Dal nuovo Governo ci aspettiamo un’azione determinata, seria e competente che garantisca stabilità al Paese Ai Parlamentari emiliano-romagnoli, a cui auguriamo buon lavoro, chiediamo che prendano a cuore i temi prioritari per la nostra regione: industria, occupazione, lavoro».

Le previsioni dell’indagine semestrale, realizzata da Confindustria Emilia-Romagna in collaborazione con le Associazioni e Unioni Industriali della regione, evidenziano un forte raffreddamento del clima di fiducia delle imprese.

Solo il 32% degli imprenditori prevede un aumento della produzione nella seconda metà dell’anno, con un saldo ottimisti-pessimisti molto ridimensionato rispetto agli inizi dell’anno: 13 punti rispetto a 34. Il 49% si aspetta un andamento stazionario. Anche peggiori le aspettative sulla domanda totale, attesa in crescita dal 29% degli intervistati, e in particolare sugli ordini provenienti dall’estero: solo il 22% prevede un aumento della domanda estera. Tengono le previsioni sull’occupazione: il 23% degli imprenditori prevede una crescita, con un saldo ottimisti/pessimisti positivo di 15 punti.

Maggiore pessimismo tra le piccole e medie imprese, in particolare per la domanda totale ed estera. Rispetto ai settori merceologici sono positive le previsioni sull’andamento della produzione nei settori chimica/farmaceutica, tessile/abbigliamento e, in misure minore, metallurgia e meccanica. Molto più pessimistiche le attese nei settori gomma/plastica, ceramica ed elettronica.

«Il tema dell’energia – sottolinea la Presidente Sassi è la priorità delle priorità: ogni giorno che passa, ogni nuova bolletta che arriva mina la sostenibilità economica del nostro sistema industriale. L’Unione europea continua a rimandare: l’ultima possibilità per intervenire efficacemente, quasi a tempo scaduto, è il Consiglio europeo del 20-21 ottobre. A livello regionale il tavolo sulla crisi energetica è un segnale importante da parte della Regione. Abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere una forte accelerazione sulla realizzazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili, usando tutte le fonti per sostenere non solo l’autoproduzione ma anche la produzione da immettere in rete. È urgente un riordino di tutta la normativa regionale, così da offrire un quadro certo per chi intende investire nella produzione di rinnovabili, come anche sono fondamentali gli strumenti di supporto agli investimenti delle PMI per l’efficienza energetica».

L’indagine di Confindustria Emilia-Romagna ha coinvolto un campione di 337 imprese associate appartenenti ai settore manifatturiero e servizi, per un totale di 39.372 addetti e un fatturato complessivo di circa 13,1 miliardi di euro di cui 6,3 provenienti dall’estero.